Loricati in abito bianco

Loricati in abito bianco
Loricati su Serra Crispo

sabato 28 dicembre 2013

Al Monte Pollino per il "canale nascosto". Ovvero attenti a seguire tracce sconosciute.


Il "canale nascosto" a destra del canale O del Monte Pollino
Dopo una salita di assaggio al Sirino (sorprendente la differenza di copertura nevosa tra i due versanti della montagna: a Nord si parte sci ai piedi da 1400, a Sud c'è neve solo nei canali da 1700) e dopo la consueta visita natalizia ai loricati di Serra Ciavole non potevamo non fare un salto al Pollino.
E' appena passata una perturbazione che ha imbiancato però solo dai 1400, quanto basta per creare problemi sulle strade, chissà se ha ricoperto bene, in basso, il primo tratto di bosco.
Poco dopo Visitone abbiamo davanti a noi lo spazzaneve, preferiamo quindi posteggiare e proseguire con gli sci.
Evento eccezionale, c'è una traccia di sci, la seguiamo sperando che punti nella nostra stessa direzione.
Nel bosco sotto colle Gaudolino
Gli alberi sono incrostati di neve, all'altezza di Gaudolino il fondo è alto e la traccia battuta è comoda da seguire.
Per la verità non punta al classico tronco cavo che individua l'attacco del sentiero, ma tanto sempre li si finisce, una traccia da seguire è così comoda.
Dopo qualche altro zig-zag arriviamo allo sbocco della grande valanga e ci rendiamo conto che la traccia prosegue su per il canalone.
Con questa neve sarebbe più agevole seguire il sentiero. Però se la traccia va su, perchè non seguirla?
Il canale è certamente più ingaggioso ed è un pò che non lo facciamo.
Basta stare sulla sinistra, portarsi nel tratto di bosco ripido (e vecchio, quindi più ampio) fino sotto le rocce e da li contornare la boschina, entrare dentro ed uscire sulla spalla.
Finalmente fuori dall'intricatissimo bosco.

Ma la traccia va verso destra ... e noi seguiamo la traccia.
Prima o poi ritornerà di la, ma non è così e la situazione si aggroviglia sempre di più.
Siamo sul lato destro del canalone, in una boschina fitta e raggiungiamo il tracciatore che sbuffa e lotta con i faggi. Ci presentiamo e passiamo avanti per restituire il favore.
Qui o si torna indietro o si prova ad uscire verso l'alto, a sinistra il groviglio del bosco è peggiorato dalle slavine che hanno prodotto una fascia impossibile da attraversare. Cate sfruttando il suo 'baricentro basso' e relativi sci più corti tenacemente va avanti e noi seguiamo, spesso tirandoci su di peso su rami e tronchi. Alla fine usciamo a rivedere il sole e siamo allo sbocco di un canalino, noto come 'il canale nascosto' (a buon motivo).
L'avevo percorso diversi di anni fa (senza sci) ed esce poco sotto la vetta. E' un canale da ramponi e piccozza, e noi non abbiamo ne gli uni ne l'altra (sono rimasti in macchina, non pensavamo di infilarci in posti così). Proviamo a salire, ci diciamo che alla peggio ridiscendiamo e tagliamo giù nel canale vero e proprio.
All'inizio si sale bene, è un pendio ripido, sui 45°, ma con fondo compatto. Con i rampanti si va.
Nela parte iniziale del canale

Man mano che si sale però le cose cambiano. Ai bordi del canale ci sono tratti di neve compressa che tende a slittare sopra il fondo duro. Al centro invece la neve dura mostra placche di ghiaccio.
Dopo un centinaio di metri decido di mettere gli sci in spalla e proseguire a piedi.
Cate segue imperterrita con gli sci, Roberto prosegue a piedi ma, buon per lui, ha i ramponi e li mette.
Nel tratto finale il canale impenna, saranno 55°. Roberto passa avanti tranquillo grazie ai ramponi ed io seguo in traccia nelle buchette che scava scalciando a più non posso.
Mi chiedo come diavolo faccia Cate a stare ancora sugli sci, ed infatti ad un tratto parte giù in scivolata e non si ferma prima di un centinaio di metri. E' brava a non ribaltarsi ma per fermarsi ci vuole un pò. Dopo un pò di suspence dice che è tutto ok e riparte ... con gli sci ma poi decide anche lei che è meglio lasciar perdere e, prima di impegnare l'ultimo tratto ripido, mette anche lei gli sci in spalla.
Più si sale più si impenna

In vetta facciamo le foto di rito e due chiacchiere e decidiamo di scendere verso la sella Dolcedorme.
Sul versante sud la neve è un pò pesante, nel tratto di bosco fino ai piani invece c'è una farina meravigliosa ed, imbroccando la linea giusta di discesa, sgusciamo fuori dal bosco con una bellissima sciata.
Qua l'aderenza è al limite

Ci tocca ora attraversare i piani ed infine giù per la solita forestale, si guada e si risale fino al colle dell'Impiso.
Alla fine grazie a Roberto ed alla sua traccia sbagliata abbiamo inaugurato un nuovo (sconsigliabile ai non masochisti) itinerario di sci-alpinismo sul Pollino ed archiviato una nuova bella esperienza di cui fare tesoro.



E,dopo il brivido della scivolata, si rassegna a mettere gli sci in spalla nella rampa finale


Note sugli itinerari:
L'itinerario è sconsigliabile con gli sci per ovvi motivi, tranne che in condizioni particolari. E' un canale di scarico naturale di slavine, da evitare in caso di nevicate consistenti.
Molto consigliabile il canale principale, se ci si tiene sul bordo sinistro. L'enorme slavina che lo segna si verificò dopo una nevicata abbondantissima che segui ad un mese di tempo asciutto, risale a quasi venti anni fa.
Entrambi hanno esposizione Ovest, la neve si ammorbidisce la sera e rigela di notte.
Al mattino quindi è generalmente molto dura e servono ramponi/rampanti e piccozza.
Il lato O del Pollino visto dalla Serra del Prete.
In verde la traccia nel canalone pelato dalla slavina.
In rosso il cosiddetto "canale nascosto".

sabato 14 dicembre 2013

All'Acquafraggia in un inverno anomalo.

Il lago gelato dell'Acquafraggia

Quando la neve scarseggia ci sono frotte di sci-alpinisti che girano come bestioline impazzite alla ricerca di fazzoletti di neve su cui far scorrere i loro sci.
Ci sono quelli che si sfogano risalendo qualche pista preparata ma non aperta.
Altri che si adattano a concatenare conche innevate con tratti erbosi su cui strisciare con le amate pelli.
Generalmente poi i posti praticabili sono pochi e quindi risultano anche sovraffollati.
In attesa di un pò di sana neve decidiamo di lasciare gli sci a riposo e di fare un percorso con vista sulle nord della Bregaglia.
A Piuro però ci accorgiamo di aver dimenticato a casa i documenti, ripieghiamo quindi sull'Aquafraggia.
Lasciamo il fondovalle ricoperto di brina e gelo, man mano che si sale sale anche la temperatura.
Savogno ed il fondovalle nel gelo
Superato Savogno ci rendiamo conto che la valle resta comunque in ombra ancora per un lungo tratto. Raggiungiamo quindi l'agognato sole a quota 1400 circa, in corrispondenza di alcune baite.
Il sentiero in alcuni tratti è ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio su cui è impossibile stare in piedi, bisogna aggirarli in qualche modo.
Ci sono diverse cappellette che che testimoniano l'uso che se ne faceva per il transito del bestiame ai pascoli alti. Il rapporto con la montagna non era certo idilliaco, si trattava di fatica e sofferenza, pura sopravvivenza. Non si celebrano la gioia e la bellezza delle alte quote (lusso riservato a chi sale per diletto e con la pancia piena). Semmai si cerca di invocare la protezione dai pericoli e la riduzione al minimo dei danni "Cari Gesù,Giuseppe e Maria, aiutatemi nell'ultima agonia".
Una delle cappelle votive lungo il percorso

A proposito di pericoli, un improvviso boato e vedo rotolare giù dei massi.
Uno della dimensione di una lavatrice passa sul sentiero un centinaio di metri davanti a noi.
Il sole scaldando la parete ha "scollato" i sassi dal ghiaccio che a sua volta li aveva separati dalla roccia madre. La natura lavora in silenzio, ma poi mostra all'improvviso la sua forza.
I nostri sensi si acuiscono, tesi a percepire ogni minimo rumore. Capisco i camosci che si muovono sempre circospetti e con le orecchie ben tese. Loro devono guardarsi non solo dalla natura, ma anche dai cacciatori.
Traversiamo velocemente il canale su cui hanno scaricato i sassi, alla fine un altro rombo, stavolta però è una colonna di una cascata di ghiaccio che è crollata.
Un'ultima serie di rampe erbose e siamo al lago.
Questo è completamente ghiacciato, ma sotto si sente ancora scorrere acqua. Ogni tanto il ghiaccio in superficie si tende e si assesta emettendo dei cupi rimbombi. Come faranno le trote a sopravvivere al buio la sotto per i prossimi 5 mesi?
Attorno c'è solo silenzio e vuoto, 2000 metri in basso c'è un tripudio di mercatini e luci natalizie, e qui sembra di stare in una zona remota del Tibet.
Dopo uno spuntino ci avviamo in discesa, decidiamo di fare la traversata verso Corbia.
L'alpeggio di Corbia
Ci tocca quindi di riattraversare proprio sotto la zona delle cascate di ghiaccio.
Confidiamo nel fatto che ora la zona è in ombra da un pò, quindi quello che doveva cadere è caduto.
Il passaggio inoltre è più  in alto, il tratto a rischio è quindi più breve, circa 50 metri.
Da li ci rendiamo conto che il percorso è più lungo del previsto, con una serie di saliscendi si attraversano diversi canalini innevati su cui fare attenzione.
Il sentiero è stato praticato da animali che, evidentemente, lo usano come passaggio tra i due versanti della valle al riparo dalle presenze umane. Una piccozza ed un pezzo di corda farebbero comodo, sono lì che riposano nel cofano della macchina. Il conforto sarebbe solo psicologico, però darebbero tranquillità.
L'ultimo sole sul Piz Badile

 

E' però dall'inquietudine e dalla tensione che nascono una maggiore attenzione e senso di se e dei pericoli che ci circondano. Si tratta di trovare un giusto equilibrio tra i due estremi, abituandoci mentalmente a pensare che, senza appendici tecnologiche, siamo ancora capaci di stare in piedi.
Finalmente il sentiero comincia a scendere decisamente e la neve sparisce, raggiungiamo così le prime baite sopra Corbia. E' un posto veramente speciale, un prato sospeso sulla Bregaglia con vista magnifica sulla catena. Da Cengalo e Badile (che ostenta una magnifica parete Ovest illuminata dal sole che volge al tramonto) fino al Gruf, al Pizzo di Prata, e giù il piano di Chiavenna, e di là le Lepontine tra Ledù e Forcola.
Lapide commemorativa di partigiani caduti il 20/4/45
Questi prati continuano a prendere il sole per ore, quando in valle le ombre non sono ancora andate via o sono già ridiscese. Un posto da meditazione.
La discesa verso Dasile è complicata da uno spesso strato di foglie che nasconde il sentiero. Non sono state bagnate da molta pioggia, ci penserà la neve dell'inverno a schiacciarle a terra.
Dopo Dasile il sentiero è fortunatamente più comodo, pur avendo la frontale non ne facciamo uso, la luna è sufficiente ad illuminarci il cammino e a guidare gli ultimi non più baldanzosi passi verso il fondovalle da cui la brina non è mai andata via.