Loricati in abito bianco

Loricati in abito bianco
Loricati su Serra Crispo

martedì 31 agosto 2010

Attorno al gigante di granito


Vi ricordate quando da bambini vi chiedevano quale era la vostra seconda squadra?
Era quella che avevate imparato a conoscere più tardi, quando ormai i giochi erano fatti e quella del cuore era già stata scelta. All' imprinting non si comanda, ed io l'imprinting l'ho avuto dal Pollino. Però quando sono passato per la priva volta per la Bregaglia ed ho visto il Piz Badile ho provato quel certo brivido che non ho avuto al cospetto dei 4000 o davanti ad altre cime più blasonate.
Chissà, magari in Dolomiti potrebbe scattare qualcosa del genere, ma non sono a portata di mano e certe emozioni mi piace assaporarle con calma, gustarle con calma e non con uscite da mordi e fuggi.

Non di certo incolonnandomi con decine (quando non centinaia) di persone.
Ormai per la Bregaglia sarò passato almeno un centinaio di volte, ma ogni volta non posso fare a meno di ripassare con gli occhi il profilo dello spigolo nord del Badile (e di prendermi gli improperi di mia moglie "Guarda la strada!!! Che il Badile non si sposta mica" ).
Il Pizzo non se ne avrà certo a male se è secondo nel mio cuore dopo il Pollino e prima o poi mi farà scivolare (verso l'alto, of course) sul suo spigolone.

Non ho fretta, ho imparato che è bello tenersi da parte qualche progetto e giocarseli man mano. Per ora quindi mi sono accontentato di girargli intorno facendo varie volte il Viale, magari in periodi non di punta ed incontrando ben poca gente. Un paio di anni fa in Giugno ho potuto assaporare una dimostrazione di potenza della montagna, vedendo una valanga scendere rombando dalla Nord Est mentre ero proprio li sotto, a debita distanza.
Quest' anno ho fatto un giro che avevo in mente da un po di tempo, rimandato perchè o mancavo di allenamento o mancava un meteo buono (perché lassù con i temporali non si scherza). Siamo saliti da Bondo al Sas Furà ed abbiamo puntato al Passo della Trubinasca. Da li siamo scesi al Bivacco Del Prà, siamo scesi in alta Val Codera da dove siamo risaliti al passo della Teggiola. Dalla Teggiola siamo infine scesi per l'erto canalone e, con lunga traversata, siamo ritornati a Bondo.
Totale 12 ore e 2200 mt di dislivello circa, serve un buon allenamento quindi ma le soddisfazioni sono tante.
Volendo spezzare in due giorni si può pernottare al Rifugio Sas Fura oppure al bivacco Pedroni Dal Prà. In questo modo si può salire anche al Pizzo della Trubinasca (un'ora circa dal bivacco) ed arricchire ulteriormente l'esperienza...e le vesciche.

venerdì 13 agosto 2010

Tibet? Ladak? Ma andate in Val Maroz.


Spesso si sente parlare di affollamento sulle nostre nostre montagne. Effettivamente sui percorsi più blasonati o che portano a vette celebrate (spesso più grazie al marketing che a ragioni oggettive) si tende a fare la fila.
Anche io non sono esente da peccati e mi sono fatto fatto sedurre dalla sirena di qualche quattromila o vetta più blasonata.

Al momento poi di partire e trovarmi in competizione con altre cento persone per conquistare un bagno alle 4 del mattino poi mi dicevo 'ma chi cavolo me la fa fare'.
Scenari da ritirata in Russia , con centinaia di persone incolonnate verso la cima.

Tempi di attesa per toccare l'agognata vetta perché tutti non ci stanno. Quelli che scendono che ti passano sulla corda e sui piedi...
quelli veloci che quasi ti buttano fuori traccia e ti guardano con lo stesso sguardo che vedi in coda nelle tangenziali...

Ti ritrovi a pensare con sollievo, 'anche per questa volta ho dato, le prossime volte vado in montagna, non al luna park'.
Ma per poter andare in montagna senza l'effetto tangenziale bisogna per forza andare in Tibet?
Non credo proprio, anzi, mi sa anche che anche da quelle parti l'affollamento imperi.
Ovunque si faccia del turismo un'industria necessariamente si tende a trattare il turista da merce, da inserire quindi in una opportuna catena di montaggio.
Ed allora? Semplice basta guardarsi intorno con un po di intelligenza e prendere una cartina.

Dove non ci sono funivie, strade che portano in quota o grosso carico abitativo si riuscirà a ritrovare il senso dell'andare in montagna.
Avevo individuato da un po il Piz Duan, in Bregaglia. Un giro lungo che attraversa tutta la val Maroz partendo da Casaccia.
C'è un alpeggio all'inizio della valle ed un'altro a due ore circa dalla partenza (Maroz Dent).
Poi niente altro per 15 km, un senso di isolamento ed estraniamento difficie da trovare, anche il cellulare non prende.

Prati, valloni ripidi (e parecchio valangosi, per cui con lo sci ci si può accostare solo in stagione avanzata) fioriture strepitose.

All' altezza del lago della Duana si stacca la traccia (il sentiero segnato non va in vetta, prosegue verso il passo della Duana ed al passo Bergalba, alla fine della valle) per raggiungere la vetta.
C'è un ghiacciaio che ,a seconda delle condizioni, può richiedere ramponi e piccozza da cui si arriva ad una anticima.
Con un'ultima crestina si raggiunge la vetta con una fantastica vista sui ghiacciai dell' Engadina e sulle pareti rocciose di Badile e Cengalo.
Decidiamo poi di scendere per la cresta O, piuttosto delicata e sfasciumosa. C'è un assoluto caos minerale su cui proseguiamo con cautela, il casco è d'obbligo, un gruppo numeroso avrebbe problemi.
Ma ci siamo solo noi e quindi si procede bene, senza preoccuparsi di colpire qualcuno con i sassi che inevitabilmente smuoviamo.
Raggiunta la fine della valle ed il lago da cui origina la Maira/Mera scendiamo attraversando tutta la valle.
Arriviamo all'auto alle 8 di sera, siamo in cammino dalle 7 del mattino ed abbiamo incontrato solo due pastori e due escursionisti.

mercoledì 21 luglio 2010

La madre di tutte le ferrate.


Ho sempre sentito parlare con una certa reverenza della Gamma 2 al Resegone, tanto da rimandare molte volte il suo percorso.
Ho fatto più volte la Medale, tante volte quella del Corno Rat concatenandola anche con quella al corno Orientale per concludere poi con quella al Corno Occidentale dopo aver traversato per il rifugio. (bel giro completo e di soddisfazione)
Il concatenamento l'ho riproposto non più tardi di un mese fa con il piacere di accompagnarci persone della zona che purtuttavia non avevano mai compiuto questo percorso, ben articolato ed abbastanza faticoso.
Allora cogliendo l'occasione dell'ennesima previsione di tempo instabile alla domenica ma discreto, almeno alle basse quote, al sabato, propongo ai compagni che avevano apprezzato il tour dei Corni, la Gamma.
Per maggior sicurezza ci portiamo dietro uno spezzone di corda e qualche moschettone in aggiunta alla normale dotazione da ferrata per poterci disimpegnare meglio in caso di difficoltà.

L'avvicinamento è abbastanza faticoso, si tratta di camminare per un'ora e mezza e la giornata è afosa. Decidiamo di non concatenare con la Gamma 1 per accorciare il percorso e tenere le braccia fresche per il 'Dente'.
La ferrata parte con dei camini dove si passa bene. C'è da fare attenzione al materiale sciolto che abbonda in giro e, nei tratti erbosi, a non scivolare (immagino che in caso di pioggia siano molti delicati). Salta qualche paretina e si avvicina alla parte più spettacolate, il dente vero e proprio.

Li' c'è una placca molto liscia ed esposta, ma aiutandosi con la catena si passa agevolmente (se non si soffre di vertigini e si usano bene i piedi).
Da qui si continua per creste aeree e paretine fino ad arrivare al "caminone".
Il nome la dice tutta, un camino di una quarantina di metri che si presenta alla fine del percorso, per cui se si arriva stanchi può risultare duro.
Noi lo affrontiamo bene, arrampicando in opposizione spaccando bene e senza sforzare le braccia.

Usciamo infine sul dente e poi proseguiamo in cresta per il crocione di vetta.
Devo dire che l'arrampicata è stata molto godibile, una ferrata in bell'ambiente su cui, usando la giusta tecnica (ovvero privilegiando piedi e testa) si passa una bella giornata, meglio se in allegra compagnia. Assolutamente consigliabile anche il concatenamento con la ferrata del pizzo d'Erna, è vero che si allunga e che la prima ferrata è molto meno arrampicabile, però se si è in ballo per ferrate tanto vale farle entrambe e limitare la durata della scarpinata.
Il periodo migliore è dalla tarda primavera a fine autunno, evitando i periodi umidi.

Più giù in Engadina, piz Belvair.

Davvero godibile questa scialpinistica. Ci eravavamo avviati da quelle parti per avere una idea della salita al Piz Kesch, pianificata in sezione a Luglio ed anche per vedere una zona nuova.


Sembra vicina ma dal Maloja un pò di strada da fare c'è, e poi qui dal basso i pendii sembrano tutti uguali. Così finiamo oltre, a Zuoz. Facciamo dietrofront e riusciamo a rintracciare la stazione di Madulain dove troviamo un posto per parcheggiare. Tra una cosa è l'altra abbiamo fatto ben tardi, pazienza si parte e poi si vedrà. C'è un vento teso da N, ma i pendii sono riparati e quindi, pur avendo letto al Maloja -11, si sta benissimo e si sale in manica di camicia.

Dopo aver superato il bosco i pendii si aprono in un paradiso dello sci, pendenze pressoché costanti sui 35° e nessun percorso obbligato. Arrivati all'evidente alpeggio che dovrebbe indicare quasi metà strada si capisce che bisogna rivestirsi di corsa.

Il posto è ideale per una pausa ristoratrice. Da qui siamo sempre più esposti al vento fino ad uscire su un secondo ripiano dove si apre una vista magnifica sul bacino di Es-Cha, il piz Kesch e, dall'altro lato, sul Parco Nazionale Svizzero ed il gruppo del Bernina con la lama del Biancograt che scintilla al sole.
Qui non ci sono più tracce (ma finora abbiamo incontrato solo altre 3 persone che fanno dietrofront.

Il pendio finale è bello sostenuto al centro, ai limiti di tenuta degli sci che provvediamo a montare di rampanti. Bisogna per forza stare al centro, perchè i fianchi scendono di botto sulle valli laterali. Saliamo dunque per questa spalla, cercando di stare bene al centro.

Rimontata questa spalla si esce sulla cresta sommitale, spazzata da raffiche di vento che ci obbligano ad accucciarci per aspettare i momenti di calma, ma l'ometto di vetta è li, a poche centinaia di metri, non possiamo non andarci. Due foto e via, rinunciamo anche allo spuntino di vetta, lo faremo dopo.

Nella parte alta la discese è magnifica, più in basso incece troviamo tratti di crosta che rendono la discesa un pò faticosa. E' comunque una discesa molto bella, affrontabile con ogni condizione di neve e con un panorama grandioso.

giovedì 29 aprile 2010

I vantaggi dello spartiacque.


L'inverno è agli sgoccioli, anzi è già sgocciolato. Ora finalmente si può andare anche nei posti 'a rischio', la neve è assestata, le giornate sono lunghe e...regolarmente nel week-end impera l'instabilità.Sarà una percezione statistica (pare che semplicemente ci ricordiamo di più del maltempo quando vorremmo/potremmo andare in giro) ma insomma...

Anche questa volta si sale in Valchiavenna mentre pioviggina, i due associati si sono man mano dissociati e siamo i soliti due.Per concludere un intervento al CED dove risiedono i server delle mia società ha fatto strike, spento i tre quarti delle macchine. Sabato mi tocca telesupportare il riavvio dei servizi, quindi niente montagna. Sabato sera però si ridà un occhio alla meteo (come dicono gli svizzeri).
Non è pessimista, ma si, domani si va, eventualmente si punta lo Julierpass.
La partenza è entusiasmante, c'è una leggera pioviggine, lo Spluga è escluso, punto verso il Maloja, anche se la mia metà non è molto ottimista sull'esito della giornata.

Io invece confido sullo spartiacque, più volte è capitato di avere maltempo in Italia e bello appena dopo il Maloja (mai capitato il contrario, però).
Raggiunto lo Julier si vede qualche occhiata di cielo, il parcheggio è quasi full, ho visto giusto.

Il Lagrev è una carta sempre valida da giocarsi, non tradisce mai.
Si sale per rampe intervallate da punti di recupero, con un traverso iniziale che spesso chiede i rampanti e la rampa finale che impenna su una cresta panoramicissima.
Unica pecca, sto provando gli scarponi nuovi ed i piedi ne risentoni. Saranno termoformati ma i vecchi ciabattoni erano molto più confortevoli.

La discesa non è entusiamante come ci saremmo attesi, c'è crosta in alto, in basso invece ha mollato.

E' comunque una delle ultime uscite e la meteo da anche per il prossimo week-end temporali e maltempo, sarà una percezione ma mi sa che la legge di Murphy ci sta beffando alla grande.

martedì 27 aprile 2010

Scusi, per il Piz Misaun?



Osservando la cartina dell'Engadina, nei dintorni del Bernina, avevo adocchiato come possibile meta scialpinistica il Piz Misaun.
C'era voglia di affacciarsi su dei ghiacciai veri al cospetto del 4000 delle Retiche, il Bernina.
Verificato dalla documentazione disponibile che era alla nostra portata e non presentava particolari rischi l'ho proposta come meta anche ad un'altra persona,stavolta quindi eravamo ben in tre.

Davide si è accodato a me e Caterina con piena fiducia nelle mie ( sic :-) ) capacità organizzative, eravamo stati assieme al Suretta ed aveva gradito.
Il meteo non è dei migliori, sono state date in passaggio due perturbazioni ma il meteo sfizzero è categorico, in zona Bernina le ultime precipitazioni ci saranno nella nottata di venerdì, sabato sarà asciutto con al più qualche passaggio nuvoloso.

Sabato mattina quindi scavalchiamo il Maloja con la strada totalmente ghiacciata, sui tornanti ci sono macchine ferme a montare le catene, fortuna che ho ancora su le gomme da neve!
Il paesaggio engadinese è fiabesco, il termometro dà -12 e qualche dubbio sul puntare ad un itinerario poco frequentato mi assale, in genere con nevicate recenti mi butto sugli itinerari più noti ed a prova di valanga ma, tant'è, ormai la decisione è presa e procediamo verso Pontresina.
La strada è totalmente bianca, evidentemente confidano sull'arrivo del sole anche gli stradini svizzeri.
Arrivati nei pressi della stazione di Morterash la prima sorpresa; mega parcheggio a pagamento, non c'è verso di scamparla, un franco all'ora, questi si fanno pagare anche l'aria, ormai siamo qui e ci tocca.
Si parte, scavalchiamo la linea ferroriaria e ci si pone un dilemma, c'è una bella pista tracciata, con tanto di binari per il fondo, ma sale verso il ghiacciaio, noi dobbiamo andare da tutt'altra parte, ma nella nostra direzione non c'è la minima traccia, è il caso di osare?
Decidiamo di si e ci avviamo verso il bosco, c'è oltre mezzo metro di neve fresca, si affonda fino alle ginocchia, ed ogni tanto si sprofonda fin oltre la vita.
Evidentemente nei giorni passati era stato caldo ed il fondo aveva mollato, la recente nevicata ed il conseguente freddo sopraggiunto non è riuscito a ricompattare il fondo che cede in corrispondenza di grossi massi o radici di alberi.
A fatica si sale ma manchiamo di netto il punto in cui avremmo dovuto uscire dal sentiero che stiamo seguendo, che porta alla capanna Boval.
Morale facciamo una fatica della malora risalendo il bordo dx della morena laterale del ghiacciaio del Morterash.

Alla nostra destra ci sono cumuli delle slavine venute giù questo inverno (beh almeno il pendio ha scaricato ben bene) alla sinistra, ben più in basso di noi, c'è il ghiacciaio con un pò di gente che fa esercitazioni sul ghiacciaio. La fatica è improba, il posto è riparato e soleggiato, si forma anche un poderoso zoccolo sotto le pelli.
Ci viene anche l'idea di rimontare un vallone, ben spianato dalla valanghe, per rimontare sulla spalla principale, ma il dubbio è "e se poi in alto non si apre il pendio?" il bosco infatti è quasi impraticabile per la quantità e lo stato della neve presente.
Ci diciamo che comunque arriveremo alla capanna e poi li decideremo (ma è evidente che stiamo andando troppo a rilento) ma poi?
La discesa dalla capanna per il ghiacciaio dovrebbe essere tracciata ma se nessuno l'ha fatta può essere difficile da trovare ed il ghiacciaio è piuttosto crepacciato.
Per fortuna il dilemma non si pone perchè arrivati ad un certo punto ci rendiamo conto che per arrivare alla capanna c'è da passare per una cengia tra due strapiombi, attrezzata con tanto di cavi corrimano, no, non è decisamente il caso, lì può venir giù di tutto.
Facciamo quindi dietrofront per il percorso dell'andata. Ad un certo punto vediamo una traccia di qualcuno che probabilmente ci ha visto ed ha seguito le nostre tracce desistendo ben presto (chissà che maledizioni ci ha tirato) e decidiamo di tirare giù per un pendio che sembra fattibile da cui raggiungere il percorso tracciato.
Dopo una lotta finale con buchi e voragini riusciamo ad uscirne fuori ed raggiungere finalmente un terreno compatto.
Alla fine uno di noi riesce anche ad incastrarsi tra le sbarre del passaggio a livello; superato l'ultimo pericolo (il treno) riscattiamo la macchina, la cassa automatica accetta anche gli € applicando un tasso da usura, sono organizzati però!
Ci consoliamo pensando che questo giro con gli sci l'anno fatto veramente in pochi e poi sono queste le giornate che restano impresse nella memoria (e ci siamo fatti pure un sacco di risate).

lunedì 19 aprile 2010

Sorprese nell'uovo del Pollino.


All'arrivo a Castelluccio, alla vigilia di Pasqua, la situazione sembrava parzialmente compromessa e pareva presagire una lunga cammellata sci in spalla alla ricerca della neve.
Sembrava che il generale inverno avesse avviato decisamente il ritiro delle sue truppe
ma una provvidenziale perturbazione nel giorno di pasquetta, oltre a preservare i prati alle falde del Pollino dagli 'escursionisti' di pasquetta (assimilabili all'invasione delle cavallette, solo che le cavallette si limitano a distruggere la vegetazione, non lasciano buste di plastica, non accendono falò e non sgommano sui prati) ha rideposto sopra i 1300mt un nuovo strato di neve.
Partiamo quindi sci a piedi da colle Impiso confidando nel futuro miglioramento del tempo.
A colle Gaudolino comincia ad aprirsi e pare ci sia innevamento buono anche sulla normale alla spalla.
Eravamo invenzionati a fare il canale Ovest ma nei pressi dei resti della valanga ci rendiamo che c'è un fondo durissimo, con sopra 20 cm di una neve inconsistente, tenuta zero quindi.
In alto poi si intravede del giallo, quindi è rimasta solo la neve vecchia rigelata, non avendo ramponi si prosegue per la normale...e meno male.
Quando il bosco comincia a diradarsi la neve lascia il posto a placche di ghiaccio sempre più continue.

Con i rampanti in qualche modo si prosegue, senza avremmo dovuto fare dietrofront.

Nell'ultimo traverso c'è uno scivolo che butta sul vuoto, preferiamo metterci gli sci in spalla e seguire le rocce più in alto,
poi giriamo l'angolo e....l'interruttore gira da inverno ad estate.
Sembra di essere su un vulcano, qui la neve nuova è già tutta andata via, è rimasta solo la vecchia e gialla.

Risaliamo sfruttando i canali residui, più si sale e più il fondo è duro e si sente il vento. Il dilemma è "come sarà la nord"? ne abbiamo un'anteprima arrivando sulla dolina di vetta, solo nel fondo è rimasta la neve fresca, la prevista discesa nella polvere diventa un sogno, beh alla peggio mi farò dalle gran derapate.

Ci accucciamo in vetta dietro un provvidenziale muretto di sassi, indossiamo tutto quello che abbiamo dietro e facciamo una bel pranzetto:
thè caldo, pane di pasqua ("Picciddèt") soppressata e qualche dolcetto.

Spelliamo, puliamo di attacchi dal ghiaccio, ricompattiamo gli zaini e via con le prime curve.


Le lamine tengono e la discesa è entusiasmante, in caso di caduta riuscirei a fermarmi solo ai primi alberi, 300mt più giù, ma basta non pensarci ed andare,la mia metà invece su questi fondi va a nozze e saltella come un camoscio ghignando del mio 'stile'.

Arrivati al bosco ricompare un fondo nevoso e finalmente ricominciamo a lasciare la nostra firma sul Pollino, ci penserà il sole di Aprile a cancellare il tutto a breve.

Seconda sosta per rivestirci e poi scendiamo per la sterrata. A Rummo, decido di ritraversare verso Gaudolino ma non c'è traccia, nessuno ha mai pensato di fare uso di questa scorciatoia...ed infatti riesco a non ritrovarla più. Stiamo troppo a destra e, quando ci si rende conto di ciò , cominciamo una lotta furiosa con i faggi seppelliti dalla neve, ci sono solo tracce di un lupo ma lui ha avuto certo meno difficoltà a districarsi in questo ambiente.
Dopo una mezzora di lotta ritroviamo la pista ed arriviamo al sentiero da cui scendiamo fino all'uscita della traccia a mezza costa di Serra del Prete.
Qui un'altra sorpresa, stamane era tutto bianco, adesso è tutto verde, dobbiamo rimettere gli sci in spalla fino a che non rientriamo per bene nel bosco.
Il Pollino si rivela una montagna dalle molte facce e che, in inverno, non va mai sottovalutato, ma può dare sempre delle sorprese.
Alla prossima, monte di Apollo!