Loricati in abito bianco

Loricati in abito bianco
Loricati su Serra Crispo

sabato 28 luglio 2012

In Catalunya - Pirenei Orientali

Panorama dalla cima del Gra de Fajol (2700 mt)

Si parte per Nuria. I pigri prendono il treno a cremagliera. Alcuni dei locals ci tengono a farci vedere la valle e quindi ... ci tocca! Il paesaggio qui è diverso dall'alta Garrotxa. Siamo più in alto, e la roccia predominante è il granito (anche se ci sono varie intrusioni di altri materiali, tra cui serpentino ed una sorta di marmo).
Nuria, il lago ed il monastero
Sembra di essere in val Masino, la valle è stretta con grandi salti di roccia e cascate di acqua.

Giunti a Nuria sosta ristoratrice, veloce visita al santuario e riunione del gruppo.

Nel frattempo nubi veloci cominciano ad apparire nel cielo che prima era assolutamente terso.

Un consulto e si decide di evitare il percorso di cresta (che ci avrebbe fatto passare per due vette).



Faremo il percorso detto 'degli ingegneri' che per raggiungere il rifugio aggira tutto il massiccio montuoso.


Vediamo degli avvoltoi sul percorso, all’improvviso poi si scatena, nel giro di pochi minuti, un violento acquazzone con grandine; non facciamo quasi in tempo a coprirci che siamo completamente lavati.



Sul sentiero per Coma de Vaca
Rimpiango di non avere sovra pantaloni e scarpe alte (mai fidarsi del meteo in montagna), fortuna che va via con la stessa velocità con cui è arrivato.


Il temporale dei record (per fortuna). Il percorso, infatti, è piuttosto impervio, ricorda il sentiero Roma. Anche il paesaggio è molto simile.


Il sentiero con i continui sali e scendi per valli scoscese che ci conduce al rifugio Coma de Vaca, sotto la pioggia sarebbe stato piuttosto pericoloso.

Dei camosci ci controllano a debita distanza, più incuriositi che impauriti.
Camoscio



A sera siamo al rifugio, la zona deve essere un vero paradiso per lo scialpinismo, anche se molto pericoloso per le bizzarrie del tempo.

Raccontano di quattro sci-alpinisti che, lo scorso inverno, erano saliti leggeri e, colti dalla tormenta, sono stati trovati congelati e ancora in piedi.
 

Il giorno dopo si sale ad un passo e si fa una lunga camminata in cresta con saliscendi e paesaggi che cambiano in continuazione.
Lungo il sentiero degli ingegneri

Durante una sosta osserviamo diversi branchi di camosci che traversano da un pendio all'altro passando di corsa sotto di noi.


Completiamo con la salita del Gra de Fajol, una cima di 2700 con in vetta una roccia bianchissima, sembra marmo.


Segue una lunga e frettolosa discesa (temevano un altro temporale che poi non è giunto) in una valle assolutamente bucolica, tra cavalli al pascolo, camosci, marmotte e rapaci.


Targa sulla cima del gra de Fajol,
Il testo di una poesia di Kavafis trascritto (e cantata) in catalano.
Lluis lach verges, Viatge a Itaca

Il giorno dopo non ci resta che la mattinata per fare una visita alla cittadina di Banyoles, le sue chiese, i suoi canali e il suo lago e accomiatarci con un pranzo etnico assolutamente delizioso.

I nostri organizzatissimi e simpaticissimi ospiti ci hanno preparato piatti tipici a prova del miglior chef, innaffiati con ottimo vino e, a concludere, con il tipito amaro locale, la ratafia.
Ci salutiamo come se fossimo amici di vecchissima data, la montagna ha fatto il solito miracolo di fare conoscere a fondo le persone in pochi giorni.

Quando si suda e si cammina assieme i caratteri escono necessariamente allo scoperto, non si può fingere a lungo.

Senz’altro ci rivedremo presto “fins aviat amics Catalani”.

giovedì 26 luglio 2012

In Catalunya - Costa Brava, da Roses a Cadaquès


Il tratto di costa iniziale
Questa doveva essere una tappa marittima di defaticamento e alleggerimento, invece alla fine abbiamo fatto 20km ed 800 mt di dislivello. Tutti di gran soddisfazione!

Partiamo da Roses ed entriamo dopo poco in una zona non intaccata dal turismo.
Questo tratto di costa era stato dichiarato zona militare e dotato di fortificazioni ai tempi del dittatore Franco.

Ciò ha consentito di mantenere lontane dalle grinfie del mercato immobiliare (poi finito in bolla con le conseguenze ben note) una bella fetta di costa. 








Ci siamo quindi risparmiati il triste spettacolo (toccato con mano a Lanzarote) di ampi tratti di costa devastati e poi abbandonati a se stessi, con migliaia di case invendute e lasciate a disgregarsi e marcire al sole (nessuno fa più manutenzione e le società costruttrici sono fallite).


Il percorso va su e giù dalla costa, tra pini, e macchie di lentischi, rosmarino, timo e i tanti profumi della macchia costiera mediterranea.

Ricorda le cinque terre, la costiera amalfitana o di Maratea. La differenza è che, per diversi chilometri, non si vedono costruzioni.

L'ultimo tratto di macchia prima di Cadaquès



Facciamo un primo bagno tonificante in una caletta, passiamo per la Cala Montjoi, sede del celeberrimo santuario culinario di Ferran Adrià.

Risaliamo un successivo tratto di costa fino raggiungere un promontorio con una torre di avvistamento.








Da qui scendiamo a una alla baia, dove approfittiamo per un secondo bagno con ristoro.

C’è una caratteristica sorgente di fresca acqua dolce che sgorga direttamente dalla montagna a meno di un metro dal livello del mare.

Per approvvigionarsi si toglie un tappo di sughero, che fa si che l'acqua non si disperda. 




Cadaquès in vista
Neanche qui c'è l'invasione di ombrelloni a pagamento, la spiaggia è a disposizione di tutti.
L'ultima risalita è duretta, si deve quindi attraversare una macchia notevolmente ostica, con tante piante poco 'amichevoli'.

Il nostro esperto del posto sguscia tra questi cespugli a caccia del percorso migliore con l'agilità di un cinghialetto (anche se poi porterà i segni delle “carezze” della vegetazione). 





Le ultime difficoltà fanno ancora di più apprezzare l'uscita in vista di Cadaquès, regno di Salvador Dalì.

Ci sono delle baie assolutamente spettacolari, non si vorrebbe più andar via. Invece c'è solo tempo per un ultimo bagno frettoloso perché dobbiamo raggiungere un'altra meraviglia architettonica a mille metri d'altezza sul mare. 





San Père de Rodes

Saliamo al monastero di Sant Père de Rodes e restiamo bocca aperta nel vedere le soluzioni costruttive usate, le colonne corinzie (romane?) che sostengono la navata della chiesa e l’imponenza della struttura.


Il tutto condito con aneddoti, leggende e storie locali del nostro ineffabile accompagnatore.





Nel monastero



Le particolari colonne

Le imponenti strutture murarie
Concludiamo con una degustazione in una cantina, dove assaggiamo oli e vini locali. Tutto delizioso.

mercoledì 25 luglio 2012

In Catalunya - Sadernes-Sant Aniol-Cascata del Brull-Cima des Bruixes-Comanegra-Beget-Olot


Aggiungi didascalia
Prima escursione in montagna. Si parte per una sterrata incassata tra le gole. Raggiungiamo la località Sant’Aniol, luogo di particolare affezione per i nostri ciceroni.

Sant Aniol

Qui ci sono un’antica chiesa ed un edificio annesso su cui stanno lavorando per trasformarlo nel ‘loro’ rifugio.

Dopo una pausa rigenerante,
facciamo una deviazione nelle gole del Brull.

Pare di essere nel canyon del Raganello, con un po’ di acqua in meno, ma alcune vasche sono notevoli.


Riprendiamo il percorso con il sentiero che sale e s’inerpica sempre più stretto e ripido, su per montagna.

Questo tratto è duro, anche per il caldo che comincia a farsi sentire.

La valle attorno è assolutamente selvaggia, una macchia mediterranea intricatissima, prevalentemente di lecci, ginepri, bosso, tra cui si apre a fatica la pista.

Dopo quasi mille metri secchi di dislivello arriviamo finalmente ad una sella da cui comincia un'interminabile percorso di cresta.


Gole del Brull
Passiamo per la cima delle streghe (Bruixes) e, dopo svariati saliscendi, al punto più alto, il Comanegra.

Per lungi tratti siamo a cavallo del confine con la Francia. Il paesaggio è simile a quello  dell'Appennino meridionale.

Il versante nord è ricoperto dalla faggeta fino in cima.

Quello sud presenta pascoli sotto il crinale e macchia mediterranea più in basso.

Arriviamo a Beget solo alle 8 di sera, dopo 12 ore di marcia, 26 km percorsi e 1700 metri di salita, una notevole escursione.
I boschi dell'alta Garrotxa


Il cristo di Beget

Beget dall'alto del sentiero
Il paese è un presepe di pietra incastonato tra i monti.

La chiesa ha al suo interno un vero e proprio gioiello dell'arte romanica, un cristo ligneo in maestà dell'anno mille.

Ha uno sguardo assolutamente particolare, ci parla attraverso i secoli.







Arriviamo infine esausti ma soddisfatti all'alloggio, dove ci accingiamo alla cena a orari iberici, come sarà sempre in questa settimana.

Il ponte di Besalù

Il giorno dopo, per smaltire l'escursione del giorno precedente, è prevista una giornata turistica.

Si  comincia nella cittadina di Besalù. Neanche a dirlo un'altra cittadina in pietra con uno scenografico ponte che le fa da degno ingresso.

Il ponte è costruito in 'curva' per sfruttare delle roccie sul fondo della valle dove scorre il fiume che gli fanno da pilastri naturali.

Anche qui c'è stata una storia di convivenza pacifica con la comunità ebraica che, attorno al 1400, è stata prima mutata in separazione.

Era stato infatti costruito un ghetto separato con mura dal resto della città. In seguito si è seguita la prassi "convertir o matar", e la comunità si è dispersa od adeguata ai tempi (convertita).

Notevole la presenza di un 'Mikva' un luogo dedicato ai bagno purificatori rituali e piuttosto raro in Europa. Ce n'è uno in Francia ed uno a Palermo.

 In seguito visitiamo il centro della città e la sua cattedrale.




Ci avviamo quindi verso la zona vulcanica facendo una veloce tappa a un paese posto su uno scenografico sperone basaltico, simile ad alcuni paesi del centro Italia.

Raggiunta Olot visitiamo il museo dei vulcani dove ci vengono illustrate le caratteristiche di questa zona vulcanica, unica del continente iberico.

Noi italiani in quanto a vulcani siamo ben 'fortunati' (si fa per dire). Tra Etna, Vesuvio ed Eolie siamo assolutamente ben forniti.

Resta da notare come, pur avendo a disposizione solo un piccolo territorio del genere, siano riusciti a valorizzarlo e raccontarlo così bene.

Nel museo ci fanno anche assistere a un video sui terremoti con tanto di simulazione (a sorpresa) di un terremoto del 6° grado.
Utile per far toccare con mano le sensazioni che si provano.
Il vulcano usato come cava
Raggiungiamo poi con una breve camminata la chiesa di Santa Margherita, posta esattamente al centro del cratere di un vulcano.

Visitiamo infine un altro vulcano, che era stato usato come 'fornitore' di materiale da costruzione.

Una volta che la cava è stata dismessa, è stata resa fruibile ai visitatori dandogli così la possibilità di vedere come è fatto un cratere internamente.

Santa Pau
Ultima tappa alla cittadina medioevale di "Santa Pau" (Santa Pace, bel nome). Con la consueta rassegna di stradine in pietra, chiesa e porticati ombrosi.

martedì 24 luglio 2012

In Catalunya - Barcellona Girona e Banyoles

L'interno della Sagrada Familla
Dopo tante discussioni, contatti, mail, prenotazioni si parte per questo viaggio naturalistico e umano alla scoperta della Catalogna. L'occasione è il gemellaggio con il club escursionistico di Banyoles. Si è quindi approntato un piano di visita che possa soddisfare tutti i palati, contemplante sia la parte storico artistica che quella naturalistica.

Alla Boqueria
La solita perturbazione della fine settimana non ci molla, negli ultimi mesi ha funestato tutti i week-end.

Sono previsti venti forti e temperature in calo, ma riusciamo a decollare indenni, anche se si balla un poco.

A Barcellona dopo aver raggiunto l'alloggio ci disperdiamo per la città.

Noi puntiamo al mercato della Boqueria e ci ritroviamo ad attraversare le viuzze attorno alla Rambla.

Nel quartiere gotico
Il panorama umano è vagamente inquietante, sembra di stare nei vicoli 'off-limits' del centro di Napoli.

Ci sono in giro dei turisti e gente comune, quindi non ci agitiamo eccessivamente.
Il mercato è coloratissimo, sembra di essere nel quadro di Guttuso sulla Vucciria.
Un'esplosione di colori, frutti mai visti, pesci carne. Baretti affollati di gente a sgomitare per mangiare, odori di dolci, fritti, di terra e mare. Un caos di unanità allegra e vociante.

Prendiamo dei panini e della frutta mista che andiamo a consumare nel cortile dell'"Antic Ospital Santa Creu". Il cortile è un'isola di pace e silenzio ben attrezzato di panchine all'ombra.

Si riparte per i vicoli e raggiungiamo la Rambla. Si capisce che è il cuore pulsante della città. Passeggiando arriviamo a Plaza Braus Monumental (edificio che ospitava le corridas) e si intravedono sul fondo le torri della Sagrada Familia.

La facciate Est della Sagrada
Sbucando sotto la Sagrada proviamo una sorta di tuffo al cuore. E' come quando, dopo aver risalito la Bondasca, dopo una certa curva del sentiero, si è sovrastati dalla nord del Badile.

La cattedrale è il risultato di una mente visionaria. E' ancora un cantiere e tale resterà per qualche altra diecina di anni.

come una grotta sotto un picco roccioso
E' la metafora del viaggio della vita. Quando è terminato non si può fare altro che guardare all'indietro e ricordare. Meglio quindi cercare sempre di andare un poco più in là. Se Ulisse avesse raggiunto subito Itaca non avremmo avuto l'Odissea e tutte le sue suggestioni ed insegnamenti.

La fila all'ingresso è lunghissima, buona idea la prenotazione via internet.

Varchiamo i cancelli, recuperiamo l'audioguida e ci accingiamo a un altro viaggio nel viaggio.

Niente è casuale nella Sagrada, ogni angolo ha una sua ragione di essere e senza la guida non si riuscirebbe a percepirne il senso.



Casa Batllò di notte


Come una sola mente sia riuscita a immaginare tutto questo, resta un mistero.

All'uscita continuiamo a  girare per la città, passiamo per la Pedrera e facciamo una abbondantissima cena, in bella compagnia, a base di Tapas e Sangria.

A notte scendiamo giù per il Passeig de Gracia e ci beiamo della visione notturna della casa Batllò.

Altra opera di Gaudì che visiteremo il giorno dopo.

Con l'illuminazione notturna è assolutamente affascinante, sembra senza peso, in procinto di galleggiare su nel cielo notturno ed andare via!

Santa Maria del Mar
Passiamo per Plaça de Catalunya; le fontane illuminate le danno un'aria elegantissima. Barcellona ha decisamente l'aria di una Capitale, non è una città qualsiasi.

Ritorniamo al nostro alloggio scendendo per la Rambla, piena di gente. Siamo esausti ma, a sorpresa, abbiamo la festa del quartiere sotto l'albergo, musica canti e balli fino all'alba, è la legge della movida.

Il giorno dopo risaliamo per le Rambla e visitiamo la casa Batllò. All'esterno la magia della notte è svaporata, ma all'interno è un continuo stupirsi di soluzioni architettoniche stupefacenti.

E' riuscito ad ottenere funzionalità senza transigere sul suo senso estetico. Non un muro, una mattonella, un dettaglio è fuori posto. Fantastica!

All'uscita ci dirigiamo verso il Parc Guell. Anche questa, neanche a dirlo, creazione di Gaudì.

Girona
Un uso del colore ed un'attenzione al riuso dei materiali assolutamente moderna, un precursore dei tempi, il tutto dando sfogo di una fantasia inesauribile.

Ridiscendiamo nella città bassa e visitiamo il quartiere gotico, Santa Maria del Pi, Cattedrale, arriviamo per ultimo alla spettacolare chiesa di Santa Maria del Mar, con le sue navate immense.

Concludiamo con un giro lungo il porto vecchio. Ovunque è pieno di gente; sulla rambla del mar c'è coda.

Parc Guell
La funicolare di Montjuic viaggia sul mare. Bellissima città, ci vogliono almeno quattro giornate per goderne appieno; il nostro tour de force cittadino finisce oggi, da domani si va al nord.

La mattina partiamo per Girona, all'arrivo si avverte nell'aria l'odore degli incendi sui Pirenei. C'è in giro anche la cenere. Considerando che siamo a 70 km dagli incendi, devono essere stati immensi.

La città è pulita e ordinata, il centro è tutto in pietra, ricorda alcune cittadine dell'Umbria. Visitiamo il quartiere ebreo, ci raccontano la storia della città dei suoi abitanti. Arriviamo alla cattedrale con la sua vertiginosa scalinata. La visitiamo con la solita audioguida, che ci informa su punti e fatti salienti. E' enorme e ombrosa. Visitiamo poi la chiesa di San Feliu e il bagno Arabo/Ebreo (Usato da entrambe le popolazioni). Facciamo un giro per le mura e ritorniamo in centro città.

Alla fine ci avviamo a Banyoles; preso possesso dell'alloggio facciamo una puntatina al lago, sede di gare di canottaggio.

Infine facciamo visita alla sede dei nostri squisitissimi ospiti. Anche questa, neanche a dirlo, è alloggiata in un edificio antico del centro città. Tutto in pietra, tenuto benissimo, con biblioteca, sala riunioni, sale hobby (fotografia, filatelia, pittura), una palestra d'arrampicata ricavata dalle cantine che farebbe l'invidia di tante palestre professionali.
La visita è prevista l'ultimo giorno
La cattedrale di Girona
S’intuisce l'orgoglio e la passione che sentono per la loro terra. Strutture del genere non si fanno senza una collaborazione fattiva e costante di tanta gente.

lunedì 16 luglio 2012

Al Ferrè per la val Schisarolo

Guardando verso la val Curciusa

Diverse volte siamo saliti al bivacco Cecchini con gli sci. L'escursione si completava regolarmente al bivacco. Si finiva infatti sempre per fare questo percorso quando le condizioni non erano ottimali per andare più in alto per la meteo o per lo stato della neve.  Ci si fermava quindi al bivacco a rimirare il Ferrè che ci mostrava il suo ghiacciaio nel pieno del suo splendore, vicino ma irraggiungibile per le nostre forze (Si dovrebbe salire una cinquantina di metri poi traversare e scendere per 200, infine risalire tutta la vedretta). Il ritorno a valle si può fare anche per la val Schisarolo e la val d'Oo arrivando a Rasdeglia ma solo in condizioni particolari (e poi bisogna risalire a Montespluga).

A circa metà del ghiacciaio

Visto che siamo stati al Ferrè solo una volta e per giunta 10 anni fa abbiamo deciso di ritornarci.
La traversata iniziale è lunga ma tra capre e marmotte non ci si annoia. Arrivati alla neve decidiamo di salire diretti per il fronte del ghiacciaio (stando un pò più sulla destra) e confidando nel fatto che l'innevamento è abbondante ed i crepacci sono ben pieni. Comunque ci leghiamo in cordata e procediamo con circospezione.

Sfruttando la traccia di una slavina
Il fondo è discreto, ma man mano che si sale la progressione è sempre più faticosa.
In settimana è passata una perturbazione che ha scaricato un bel pò di neve fresca.
Giunti sulla parte alta c'è una delusione  :-) . Non c'è la minima traccia di passaggi, quindi mi tocca continuare a battere la traccia.

La neve si fa sempre più alta, si affonda fino a metà coscia, ma come diavolo fanno in himalaya? Comincio a fermarmi ogni 100 passi. Poi ogni 50, sotto la sella del Ferrè devo fermarmi ogni 10 passi.
Alla sella togliamo i ramponi perchè tanto non servono con questa neve e la cresta è quasi del tutto sgombra di neve. Ci rifocilliamo e ci avviamo verso la cima.

Sulla cresta finale
Dopo i primi torrioni vediamo che la situazione è delicata.
Ci sono dei tratti con neve non assestata sotto la quale non si sa se c'è solo roccia o ghiaccio vecchio.
Cerchiamo di evitarli stando, per quanto possibile, sempre sulla roccia.
Facciamo sicura con corda e cordini sui tanti spuntoni presenti in cresta e procediamo con la massima cautela. Tra l'altro sembra che le uniche nuvole del circordario si siano date appuntamento tutte qui e la visibilità va e viene.



L'ultimo salto prima della vetta
Mi torna in mente Adalberto, con cui sono stato qui l'altra volta, e le sue parole "Guarda che non è necessario arrivare in cima, ho una famiglia che mi aspetta". Arrivammo in cima ed era molto contento.
Se ne andò un anno dopo in un incidente stradale, vai a sapere cosa ti riserva il destino!
Dopo l'ultimo spuntone che salgo arrampicando per evitare il poco invitante scivolo di neve a sinistra (e dopo aver detto per l'ennesima volta  a Caterina :"Dai, giriamo quest'ultimo angolo e vediamo come è, magari è finita" vedo finalmente la croce di vetta risplendere al sole.
E' fatta, l'ultima crestina e siamo in cima. Facciamo la discesa con particolare cautela, ci rifocilliamo alla sella ed affrontiamo la discesa di ritrno rinunciando all'idea di passare per il Cecchini. (non se ne parla di risalire).




L'ultima parte del percorso pare non finire più, arriviamo alla diga alle 8 di sera, dopo oltre 12 ore che siamo in giro, è stata una gran fatica ma ne è valsa la pena.
In vetta