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Alcune torri sul lato Nord. A due passi dal monastero. |
Dopo aver girato in lungo ed in largo i Pirenei catalani non si poteva non fare una visita nella celebre Montserrat.
E' un pò, mi si consenta il paragone ardito, il Resegone di Barcellona.
Entrambi si rifanno alla forma a dente di sega dei profili montuosi.
Qua finiscono i paragoni, infatti la roccia catalana è costituita esclusivamente da conglomerato e raramente ci si appoggia la neve.
Questo è un agglomerato di sassi di svariatissime forme e colori letteralmente cementati assieme da madre natura.
Montagne sbriciolate dal tempo e che poi il tempo ha riunito e rialzato dai loro sepolcri.
L'acqua ha poi completato il lavoro scolpendo e rilavorando l'impasto.
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Il primo tiro della prima via fatta. |
Quando ci si avvicina il prima istinto è di mettere mano al casco; sembra che ci siano un sacco di proiettili pronti a staccarsi e piombarti
addosso, ci si aspetterebbe di trovare materiale mobile ovunque.
Invece non è così.
L'insieme è generalmente molto compatto e si tiene in modo sorprendente.
Probabilmente anche grazie al clima nettamente mediterraneo che impedisce al ghiaccio di fare il suo lavoro demolitorio.
Le strutture sono generalmente verticali e si trovano forme pittoresche (ma tutte tondeggianti), paiono disegnate da uno degli artisti che
proliferano da queste parti: Dalì, Gaudì e soci.
Un insieme di torri, candele, mammelloni ed altro dove si va anche oltre il verticale ed in cui si arrampica quasi sempre in esposizione.
La chiodatura è abbastanza buona ma diversa dai nostri standard.
Generalmente in Italia in falesia si oscillta da una chiodatura ascellare, con cui si può quasi progredire tirando i rivii da uno spit all'altro, ad una in cui dove di solito tra uno spit e l'altro non passano più di tre/quattro metri.
Questo indipendentemente dal grado.
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In recupero da un comodo terrazzino. |
A Montserrat invece, forse per rispettare la chiodatura tradizionale dei primi apritori, non ci si è attenuti ai moderni standard di sicurezza. Quindi dove il grado si mantiene basso (IV e V) tra uno spit e l'altro possono passare anche 5 o 6 metri.
Pur essendoci abbondanza di appoggi, occorre avere un certo self control.
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Sulla "Aresta Ribas" (315mt 6a) |
Quando poi si arriva sul VI/VI+ fortunatamente gli spit ritornano ad abbondare, anche in modo disordinato.
L'esperienza quindi è molto interessante. Anche perchè le difficoltà, pure se limitate (per gli standard moderni) sono molto continue.
Il primo giorno sul versante nord abbiamo fatto una classicissima, di 8 tiri, con un tiro centrale di 6a bello fisico, ed una seconda via da 6, dove, escluso il primo, si stava su un bel V pieno e continuo dall'inizio alla fine.
Calandoci abbiamo poturo osservare delle capre iberiche che saltellavano allegramente sullo sfondo di un bel tramonto.
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Ce n'è per tutti i gusti |
Il secondo giorno abbiamo fatto una via (Aresta Ribas) sul versante sud. Per loro è "equipada" (con il che intendono che si sono le soste e qualche chiodo sui passi chiave di 5c/6a), c'è quindi da attrezzare ed integrare.
Ambiente grandioso, dopo mezz'ora di cammino sembrava di essere fuori dal mondo civilizzato, nessuno intorno, natura rigogliosa ed unici rumori quelli dei rapaci.
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In cima all'Aresta Ribas |
In qualche modo ne siamo venuti fuori, e, soprattutto, la discesa è stato un inatteso fuori programma. Canyoning in un canale secco e ripidissimo
a scavalcare tronchi e massi per un'oretta prima di riprendere un sentiero tranquillo.
Insomma, è un paradiso per alpinisti o climber che non amano il freddo e la neve, ci sono vie di ogni difficoltà e gusto dal IV all'8b e con avvicinamenti brevi
per i settori principali (sfruttando la funicolare o la strada che contorna le falesie).
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